I GRAFFITI DEL CUORE
Scendo per i greppi Umidi di muschio Odorosi di sabbia. Altro confondersi di salvia E buchi nella memoria Sentire i profumi dei chiaroscuri di tempesta Nello sfiorire del cielo. Note di scirocco irregolari Ostaggio della tua assenza. Percorro di corsa questo tratto di sentiero In esanime luce di fine giornata Nel culmine delle linee che uniscono le onde In fondo all’orizzonte. Attraverso il silenzio nella penombra del mare. Raffiche di vento ora mi allontanano Uccelli nel tramonto risuonano in preghiera. Geometria di pagina bianca Questa spiaggia di fine inverno Dove potrò disfarmi Delle bestemmie del cuore. FIGLIA DEL CIELO
Mi piace pensare a un mondo fatto di piccole gioie di ore serene e momenti rubati alla malinconia ai cieli pieni d’acqua e alle ombre che piagano i ricordi. Non temo il gelo dell’inverno le avemarie dei disperati o gli strappi sul sole. Le nuvole dell’insonnia tratteggiano le mie notti i ciliegi non figliano per dispetto le candele si strapazzano irrequiete per avere un poca di luce. Ma io appartengo alla mia anima a verità inenarrabili e stupefacenti agli aromi mercuriali del fuoco che mi riscalda alla sacralità della vita. Respiro nella polvere sopravvissuta all’inquietudine dell’allergia, tra profumi che sussurrano applausi e trascendono la paura di vivere e così sono. Una goccia d’eterno un germoglio di grazia. DOPO LA NOTTE
Mi arrendo all’aurora alle foglie che pigre si imporporano al sole che sbircia tra i rami di pino e i frassini mossi dal vento alla fragranza dell’acqua che erode la roccia. La radura m’accoglie densa di fruscii d’erba di passi azzurri che riflettono il cielo. Un corpo a corpo con l’universo mi travolge l’arsura della vita e il suo limpido specchiarsi nei nidi d’uccelli negli attimi fugaci delle nuvole nel respiro innocente di una rosa canina. Contro i fondali di granito roccia che si accende di emozioni nell’aria addolcita dai pollini sento nelle vene il palpito del mondo e lo racchiudo a pugno perché non mi abbandoni. IN VIAGGIO CON MIA SORELLA
Un giorno di sole e un’ autostrada una meta che sembra non svelarsi tra colline aride e prati in rovina. Ci tuffiamo nell’avventura mentre tutto intorno scorre un paesaggio di campagna resa secca dalle poche piogge di novembre. Parole, sorrisi, giochi nell’attesa così diverso questo orizzonte da quello consueto intimidisce e attrae il suo apparire nuovo agli occhi stupiti al desiderio di credere che qui il cielo abbia un altro sapore. Nella vallata infiammata dai colori di un autunno poco radioso incontriamo un borgo che sembra farsi amico steso tra sipari di piccoli pendii disboscati e case un po’ sfatte. Bancarelle di paese con oggetti a volte fuori moda un alveo di fiume in secca quattro vetrine per quattro passi nel nulla. Chissà perché, ma questo posto ci piace. |
VOLEVO SCAPPARE COL VENDITORE DI ABETI
Macigno, aspro mi lascia incerta quest’uomo che mi dice Danke signora un sorriso che sa d’erba e di fieno di vino rosso un po’ stinto liquida luce negli occhi che mi seguono nel gesto. Bizzarro buffo tentativo di farmi la corte. Mi chiedo se si sia mai specchiato tra i sassi di un torrente o forse soltanto nelle lacrime di una donna antica o nei vapori di un bagno essenziale. Wie sagt in italienisch Tannenbaum? Albero di Natale. Tra questi monti già fasciati di neve brilla una luce nel suo volto che io credo innocente -specie comune d’uomo innocente al massimo può esserlo stato tra le braccia di sua madre- e io che fantastico di saziarmi il cuore in un modo o nell’altro, sogno un serto di nontiscordardidime tra i miei capelli mori e una carezza ruvida che profuma di caccia di alari di fuoco e vento. Prendo questo abete da 22 euro. Gli chiedo lo sconto. Danke signora. Ho imparato che la gioia sta nelle piccole cose. Un euro tra le mie mani concessomi dalle sue resinose e nere. Vivo d’istanti, d’armonia momentanea e rubata. Per due euro lo avrei abbracciato… SALVORE
Anche le nuvole sanno di sale oggi riflesse sul molo incrociato da reti e nasse. La voce della luce si fa balenio di sole un attimo acre di polvere bianca di aghi di pino ormai secchi. Il passo respira in limite di mare che qui suona d’assenze. Alcione già migrato altrove il giorno sopravvissuto all’insonnia sgretolato dalla salsedine e dall’ombra. Fuori da te dalla maschera che illividisce tra le onde si spezza un’avventura acerba un aquilone che non vuol diventar triste. Fuori da te - e già siamo altrove- soffia quel vento silenzioso e pigro che porta tra le sue braccia rami fuggiti alla tempesta e alle falene dell’estate. E tutto qui si frantuma e si scrosta. CAMMINANDO SUL BAGNASCIUGA
Esploro l’orizzonte dietro i ricordi dell’estate Nei fruscii di spighe Nelle memorie ascensionali di altri giorni. Cerco di catturare la distanza che ci divide Come limitare ultraterreno Per sottrarre alla tua voce Le note per la mia sopravvivenza. Mi tramuto in farfalla Ali che si spalancano e si riflettono Nell’armonia di perle e lievi trasparenze di gusci Per meravigliarmi dei vortici dell’aria E dei profumi dei segreti del mare Osservo la fatuità dei passi sulla sabbia Taciturni nel tramonto che si ostina A voler diventare notte. Fin dove potrò leggerti negli occhi? E’ il momento del nostro commiato ora. Le tue orme assomigliano alle mie E per questo non ci lasceremo mai. OMBRA D’INFANZIA
L’infanzia è un tempo mai morto che continua a ulularmi accanto una musica che mi trascina che mi fa vivere ogni emozione come fosse padrona del mio sangue e della mia anima. Tanto è andato perduto molte gioie sono svanite inghiottite dalla terra ma io spero che ci sia un cielo di cristallo dove avrò ancora il batticuore quando mi lasceranno volare. |